L’Egitto tra l’abisso di Shafiq e la paura di Morsi
Già finita la prima fase delle elezioni in Egitto con una sorpresa inaspettabile per la maggior parte del popolo; un ballottaggio tra Mohamed Morsi, candidato dei Fratelli Musulmani e Ahmed Shafiq, l’ultimo primier sotto Mubarak.
2 scelte da non scegliere :
Ad un tratto e senza preavviso, tutti gli egiziani che aspettavano la nuova repubblica rivoluzionaria hanno trovato che il gioco ha altre misure che loro non conoscono. L’Egitto al primo luglio sarà presiduta da uno dei questi 2; Ahmed Shafiq, ex membro del regime contro cui è avvenuta la Rivoluzione ed ex primier al periodo della battaglia del “Cammello” in cui sono caduti tanti giovani rivoluzionari. L’altro è il candidato islamico dei Fratelli Musulmani, Mohamed Morsi che fino a 2 mesi fa nessuno credeva che lui fosse partecipante di grande effetto al processo elettorale.
Discorsi ingannevoli :
Dopo il primo turno, sono usciti sia Shafiq che Morsi con discorsi “ingannevoli” per provare ad ottenere ognuno i sostenitori della Rivoluzione. Shafiq, membro del regime caduto nel 25 gennaio promette ai giovani di restituirgli la loro rivoluzione rubata. Morsi sta provando altri termini per convincere il popolo che i Fratelli Musulmani erano un membro indispensabile durante la Rivoluzione e che la presidenza non sarà eseguita solo da lui ma da una squadra presidenziale in cui ci saranno i rappresentanti della Rivoluzione .
Popolo indeciso:
Confusione, sfiducia e depressione; 3 parole che descrivono l’umore degli egiziani che non sono nè membri al movimento dei Fratelli Musulmani nè lecca piedi del regime caduto. Egiziani divisi in tre parti; una parte che andrà a votare per Morsi solo per sentire il cambiamento dopo la Rivoluzione e per mandar via l’antico regime rappresentato in Shafiq, altri andranno a votare a Shafiq solo per la paura dei Fratelli Musulmani ed altri che hanno deciso di non votare nè per Morsi nè per Shafiq.
Aspetteremo il secondo turno elettorale il 16 e il 17 giugno per scoprire il mistero del paese il cui popolo decide e poi si lamenta.
Eslam Medhat
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